domenica 8 gennaio 2017

"Alle Una oppure All'una?" Corretti entrambi, ma preferibile il primo!

Sembra quasi un dubbio amletico, eppure ancora molti di noi non sono sicuri se utilizzare il singolare o il plurale, quando parliamo di UNA in senso come ora della giornata.

Ci vediamo domani per pranzo, intorno alle una!

L'utilizzo del plurale è molto probabilmente dovuto all'analogia con le altre 23 ore della giornata oppure a un implicito "ore" sottinteso. Utilizzare alle una non sarebbe un errore, sebbene sia preferibile utilizzare all'una. L'Accademia della Crusca con Matilde Paoli ce ne spiega il motivo:
Da un sondaggio su Internet l'uso di le / alle una, dovuto all'analogia con le altre ore del giorno, sempre al plurale, e anche alla percezione di un sottostante ore (le (ore) una), sembra piuttosto diffuso in area centrale (soprattutto Toscana e Roma), anche in articoli di quotidiani. Per il parlato disponiamo dei dati presenti nel corpus LinCi La lingua delle città, un progetto cofinanziato dal MIUR e coordinato da Teresa Poggi Salani, che tende a definire le dinamiche di variazione dell'italiano di comunicazione nelle sue varietà regionali, in particolare nel contesto urbano. Le 18 città fino ad ora indagate mostrano pressoché generalizzato l'uso di l' / all'una, accanto a la / alla una a Milano, Verona, Oristano e Sassari, mentre le / alle una è presente a Verona, Firenze, Siena e Livorno. Per quanto riguarda la sua registrazione da parte della lessicografia, un dizionario attento all'uso come il GRADIT Grande dizionario italiano dell'uso, diretto da Tullio De Mauro (UTET 2000 e 2007), pur riconoscendo la voce una come lemma autonomo (all'una e le ore una, per l'aggettivo) non fa cenno alla possibilità dell'uso di le/alle una. Altri compilatori di dizionari però, come Francesco Sabatini e Vittorio Coletti (Sabatini - Coletti 2008) scrivono "le ore una o nel linguaggio comune l'una o la una (non com. le una per analogia sulle altre ore, spec. se seguito da frazioni: le una e un quarto)". Inoltre il GDLI Grande dizionario della lingua italiana (UTET, 1961-2002), che percorre la storia dell'italiano attraverso le testimonianze letterarie, ci offre anche un'attestazione dall'Epistolario di Ugo Foscolo: "Addio in fretta perché ho qui dinanzi a me gente di ogni tribù. Alle una o poco più tardi ti vedrò" (vol. IV 231). In conclusione, anche se circoscritto ad un uso colloquiale e comunque informale (ricordiamo che la testimonianza di Foscolo si riferisce alla corrispondenza e non ad un'opera letteraria), l'uso di le una è ammissibile, per quanto l'una rimanga da preferirsi.

Abbiamo appena imparato che:
  • Preferibile --> Ci vediamo domani per pranzo, intorno all'una!
  • Ammissibile --> Ci vediamo domani per pranzo, intorno alle una!

  • Preferibile --> Arriverò per l'una all'appuntamento.
  • Ammissibile --> Arriverò per le una all'appuntamento.

  • Preferibile --> Che ne dici se ci vedessimo all'una, martedì?!
  • Ammissibile --> Che ne dici se ci vedessimo alle una, martedì?!

"Nelle firme: prima il Nome o il Cognome?!" Prima il Nome, sempre

Grazie a mamma per l'assist!

Sembra quasi scontato per molti, tuttavia ancora oggi ci si imbatte nella domanda: "Quando firmo, devo inserire prima il nome o il cognome?" La risposta è la seguente:

Prima il NOME e poi il COGNOME! Fonte: Accademia della Crusca.

Come si legge nell'articolo sopra, infatti, l'uso di anteporre il cognome è principalmente utilizzato laddove vi sono elenchi di persone abbastanza lunghi, per cui risulterebbe davvero difficile e complicato realizzare un ordinamento alfabetico seguendo l'iniziale del Nome (pensiamo alla scuola, o alle pubbliche amministrazioni ad esempio). Se dovessimo tuttavia apporre una nostra firma in corrispondenza del nostro nome, sarebbe sempre il caso di seguire la regola Nome + Cognome.
C'è una ragione storica all'ordine nome+cognome: come scrive anche Giovanni Nencioni nel 1995, il cognome nasce come specificazione aggiunta al nome proprio della persona, segnalando in molti casi una sua particolare caratteristica: l'essere figlio di (per esempio, Dante Alighieri stava per Dante figlio di Alighiero), oppure l'esercitare una certa professione (es. Fabbri), avere una particolare caratteristica fisica (es. Piccinini) o il luogo di provenienza (es. Andrea dal Castagno). E, come solitamente la specificazione si pospone al sostantivo a cui si riferisce (es. il fiore giallo), così il cognome va, naturalmente, dopo il nome. Anche Nencioni critica l'uso burocratico, passato addirittura all'orale, di anteporre il cognome perfino nel presentarsi, pur riconoscendo la possibilità di usare tale ordine negli elenchi alfabetici. Alfonso Leone, nel 1976, dava alcune possibili motivazioni all'usanza di firmarsi anteponendo il cognome, facendone risalire l'uso alla scuola, dove il nome viene, per usare le sue parole, lasciato in ombra, a favore dell'uso generalizzato del cognome, tanto che alla fine "[...] persino tra loro, i ragazzi finiscono con chiamarsi per cognome [...]". Secondo Leone, il diverso modo di firmarsi (e presentarsi) rispecchia un diverso modo di percepirsi all'interno della società: "È ovvio che la sequenza « cognome + nome », essendo propria di elenchi o schedari e di scritture burocratiche, veda l'individuo non a sé stante, ma indrappellato con altri suoi simili, parte cioè di un raggruppamento anche solo immaginario, di una comunità di membri, la cui distinzione è affidata al casato più che ai meriti o ai demeriti di ciascuno". E poco più avanti: "Quello comunque che è importante rilevare è che la sequenza « nome + cognome » non considera l'individuo come legato a molti altri da identità di scopi o d'interessi, ma lo svincola da qualsiasi concetto di raggruppamento, considerandolo nella sua inconfondibile personalità".
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