domenica 8 gennaio 2017

"Alle Una oppure All'una?" Corretti entrambi, ma preferibile il primo!

Sembra quasi un dubbio amletico, eppure ancora molti di noi non sono sicuri se utilizzare il singolare o il plurale, quando parliamo di UNA in senso come ora della giornata.

Ci vediamo domani per pranzo, intorno alle una!

L'utilizzo del plurale è molto probabilmente dovuto all'analogia con le altre 23 ore della giornata oppure a un implicito "ore" sottinteso. Utilizzare alle una non sarebbe un errore, sebbene sia preferibile utilizzare all'una. L'Accademia della Crusca con Matilde Paoli ce ne spiega il motivo:
Da un sondaggio su Internet l'uso di le / alle una, dovuto all'analogia con le altre ore del giorno, sempre al plurale, e anche alla percezione di un sottostante ore (le (ore) una), sembra piuttosto diffuso in area centrale (soprattutto Toscana e Roma), anche in articoli di quotidiani. Per il parlato disponiamo dei dati presenti nel corpus LinCi La lingua delle città, un progetto cofinanziato dal MIUR e coordinato da Teresa Poggi Salani, che tende a definire le dinamiche di variazione dell'italiano di comunicazione nelle sue varietà regionali, in particolare nel contesto urbano. Le 18 città fino ad ora indagate mostrano pressoché generalizzato l'uso di l' / all'una, accanto a la / alla una a Milano, Verona, Oristano e Sassari, mentre le / alle una è presente a Verona, Firenze, Siena e Livorno. Per quanto riguarda la sua registrazione da parte della lessicografia, un dizionario attento all'uso come il GRADIT Grande dizionario italiano dell'uso, diretto da Tullio De Mauro (UTET 2000 e 2007), pur riconoscendo la voce una come lemma autonomo (all'una e le ore una, per l'aggettivo) non fa cenno alla possibilità dell'uso di le/alle una. Altri compilatori di dizionari però, come Francesco Sabatini e Vittorio Coletti (Sabatini - Coletti 2008) scrivono "le ore una o nel linguaggio comune l'una o la una (non com. le una per analogia sulle altre ore, spec. se seguito da frazioni: le una e un quarto)". Inoltre il GDLI Grande dizionario della lingua italiana (UTET, 1961-2002), che percorre la storia dell'italiano attraverso le testimonianze letterarie, ci offre anche un'attestazione dall'Epistolario di Ugo Foscolo: "Addio in fretta perché ho qui dinanzi a me gente di ogni tribù. Alle una o poco più tardi ti vedrò" (vol. IV 231). In conclusione, anche se circoscritto ad un uso colloquiale e comunque informale (ricordiamo che la testimonianza di Foscolo si riferisce alla corrispondenza e non ad un'opera letteraria), l'uso di le una è ammissibile, per quanto l'una rimanga da preferirsi.

Abbiamo appena imparato che:
  • Preferibile --> Ci vediamo domani per pranzo, intorno all'una!
  • Ammissibile --> Ci vediamo domani per pranzo, intorno alle una!

  • Preferibile --> Arriverò per l'una all'appuntamento.
  • Ammissibile --> Arriverò per le una all'appuntamento.

  • Preferibile --> Che ne dici se ci vedessimo all'una, martedì?!
  • Ammissibile --> Che ne dici se ci vedessimo alle una, martedì?!

"Nelle firme: prima il Nome o il Cognome?!" Prima il Nome, sempre

Grazie a mamma per l'assist!

Sembra quasi scontato per molti, tuttavia ancora oggi ci si imbatte nella domanda: "Quando firmo, devo inserire prima il nome o il cognome?" La risposta è la seguente:

Prima il NOME e poi il COGNOME! Fonte: Accademia della Crusca.

Come si legge nell'articolo sopra, infatti, l'uso di anteporre il cognome è principalmente utilizzato laddove vi sono elenchi di persone abbastanza lunghi, per cui risulterebbe davvero difficile e complicato realizzare un ordinamento alfabetico seguendo l'iniziale del Nome (pensiamo alla scuola, o alle pubbliche amministrazioni ad esempio). Se dovessimo tuttavia apporre una nostra firma in corrispondenza del nostro nome, sarebbe sempre il caso di seguire la regola Nome + Cognome.
C'è una ragione storica all'ordine nome+cognome: come scrive anche Giovanni Nencioni nel 1995, il cognome nasce come specificazione aggiunta al nome proprio della persona, segnalando in molti casi una sua particolare caratteristica: l'essere figlio di (per esempio, Dante Alighieri stava per Dante figlio di Alighiero), oppure l'esercitare una certa professione (es. Fabbri), avere una particolare caratteristica fisica (es. Piccinini) o il luogo di provenienza (es. Andrea dal Castagno). E, come solitamente la specificazione si pospone al sostantivo a cui si riferisce (es. il fiore giallo), così il cognome va, naturalmente, dopo il nome. Anche Nencioni critica l'uso burocratico, passato addirittura all'orale, di anteporre il cognome perfino nel presentarsi, pur riconoscendo la possibilità di usare tale ordine negli elenchi alfabetici. Alfonso Leone, nel 1976, dava alcune possibili motivazioni all'usanza di firmarsi anteponendo il cognome, facendone risalire l'uso alla scuola, dove il nome viene, per usare le sue parole, lasciato in ombra, a favore dell'uso generalizzato del cognome, tanto che alla fine "[...] persino tra loro, i ragazzi finiscono con chiamarsi per cognome [...]". Secondo Leone, il diverso modo di firmarsi (e presentarsi) rispecchia un diverso modo di percepirsi all'interno della società: "È ovvio che la sequenza « cognome + nome », essendo propria di elenchi o schedari e di scritture burocratiche, veda l'individuo non a sé stante, ma indrappellato con altri suoi simili, parte cioè di un raggruppamento anche solo immaginario, di una comunità di membri, la cui distinzione è affidata al casato più che ai meriti o ai demeriti di ciascuno". E poco più avanti: "Quello comunque che è importante rilevare è che la sequenza « nome + cognome » non considera l'individuo come legato a molti altri da identità di scopi o d'interessi, ma lo svincola da qualsiasi concetto di raggruppamento, considerandolo nella sua inconfondibile personalità".

martedì 10 dicembre 2013

#4: Impara a Usare il Congiuntivo o...

Serie di Divertenti Infografiche trovate nel Tumblr di Kshaed e che alimenteranno i contenuti del blog delle prossime settimane

#4




#3: (2) Impara a Usare i Verbi se...

Serie di Divertenti Infografiche trovate nel Tumblr di Kshaed e che alimenteranno i contenuti del blog delle prossime settimane

#3




Fonte: ToWeb

#2: (1) Impara a Usare i Verbi o...

Serie di Divertenti Infografiche trovate nel Tumblr di Kshaed e che alimenteranno i contenuti del blog delle prossime settimane

#2




Fonte: ToWeb

#1: Impara a Scrivere in Italiano o...

Serie di Divertenti Infografiche trovate nel Tumblr di Kshaed e che alimenteranno i contenuti del blog delle prossime settimane

#1



Fonte: ToWeb

giovedì 24 gennaio 2013

PIUTTOSTO CHE fare un altro errore!

Grazie a Federico per l'assist!

Sempre più spesso, in determinate zone forse circoscritte d'Italia, si sente l'utilizzo di Piuttosto Che nel senso di congiunzione disgiuntiva:

Per arrivare a Londra puoi fare scalo a Francoforte piuttosto che a Berlino!

Un assai interessante articolo di Ornella Castellani Polidori sul sito dell'Accademia della Crusca ne spiega l'origine e la diffusione:
Si tratta [...] di una voga d'origine settentrionale, sbocciata in un linguaggio certo non popolare e probabilmente venato di snobismo (in tal senso è azzeccata l'allusione nel quesito a un uso invalso «tra le classi agiate del Settentrione»). Era fatale che tra i primi a intercettare golosamente l'infelice novità lessicale fossero i conduttori e i giornalisti televisivi, che insieme ai pubblicitari costituiscono le categorie che da qualche decennio - stante  l'estrema  pervasività e l'infinito potere di suggestione (non solo, si badi, sulle classi culturalmente più deboli) del "medium" per antonomasia - governano l'evolversi dell'italiano di consumo.
Eppure non c'è bisogno di essere dei linguisti per rendersi conto dell'inammissibilità nell'uso dell'italiano d'un piuttosto che in sostituzione della disgiuntiva o. Intendiamoci: se quest'ennesima novità lessicale è da respingere fermamente non è soltanto perché essa è in contrasto con la tradizione grammaticale della nostra lingua e con la storia stessa del sintagma (a partire dalle premesse etimologiche); la ragione più seria sta nel fatto che un  piuttosto che abusivamente equiparato a o può creare ambiguità sostanziali nella comunicazione, può insomma compromettere la funzione fondamentale del linguaggio.
Per azzardare una ricostruzione di quel processo proviamo  a partire da una frase del genere: «Andremo a Vienna in treno o in aereo». In questo caso le due alternative semplicemente si bilanciano. Se variamo la frase rafforzando il semplice o con l'aggiunta dell'avverbio piuttosto: «Andremo a Vienna in treno o piuttosto in aereo», chi ci ascolta può cogliere una tendenziale inclinazione per la seconda delle due soluzioni, quella dell'aereo. Sostituiamo a questo punto o piuttosto con  piuttosto che: «Andremo a Vienna in treno piuttosto che in aereo»; qui risalta abbastanza nettamente - sempre attraverso la comparazione tra due opzioni - una preferenza per la prima rispetto alla seconda. Dall'analisi delle varianti contestualizzate nelle tre frasi, mi sembra si delinei una possibile spiegazione del piuttosto che semanticamente 'deviato' di cui ci stiamo occupando (e preoccupando): in sostanza, può essere il prodotto di una locale, progressiva banalizzazione portata fino alle estreme conseguenze, cioè fino al totale azzeramento della marca di preferenza che storicamente gli compete  (e che nell'italiano corretto continuerà a competergli). Basterà avere un po' di pazienza: anche la voga di quest'imbarazzante piuttosto che  finirà prima o poi col tramontare, come accade fatalmente con la suppellettile di riuso. [...]

Abbiamo appena imparato che:
  • Per arrivare a Londra puoi fare scalo a Francoforte o a Berlino!
  • Per arrivare a Londra puoi fare scalo a Francoforte oppure a Berlino!
  • Per arrivare a Londra puoi fare scalo a Francoforte o piuttosto a Berlino!

Qual'è o Qual è? QUAL è quello giusto?!

Nel mondo dei social network, degli sms e dei 140 caratteri di twitter, l'ortografia può risultare essere l'aspetto più trascurato del contenuto dei nostri messaggi. Uno tra gli errori più comuni, disconosciuto da molti è la corretta grafia dell'aggettivo/pronome/avverbio (a seconda dei casi) "Qual è".

La forma QUAL rappresenta un'apocope vocalica, ovvero una "caduta di una o più lettere alla fine di parola, specialmente la caduta della vocale finale" (fonte: Dizionario Italiano). In tal caso infatti la vocale scompare del tutto pertanto non si verifica il fenomeno che comunemente produce l'apparizione dell'apostrofo in luogo di una vocale - l'elisione -, ovvero la "soppressione della vocale finale atona di una parola dinanzi a un'altra vocale iniziale" (fonte: Dizionario Italiano).

La forma corretta pertanto risulta essere QUAL È.

Un altro esempio di aggettivi che seguono lo stesso comportamento è rappresentato da TAL e BUON, che pertanto non prevedono l'

Grammatica, Ortografia, Sintassi: differenze

Per semplificare al massimo:

GRAMMATICA

Concetto generale e di più ampio respiro, sintetizzabile nella definizione di "insieme delle regole di una lingua, nella pronunzia, scrittura, morfologia e sintassi" (fonte: Dizionario Italiano).


SINTASSI: "L'insieme delle relazioni grammaticali tra le parole che costituiscono una frase o, in generale, un'espressione linguistica di più elementi" (fonte: Sabatini-Coletti). Esempi sono rappresentati da alcuni argomenti già trattati (Po', Qual è), da un utilizzo sbagliato delle forme verbali o dei tempi verbali.


MORFOLOGIA: "Disciplina che studia le forme linguistiche, le norme che regolano la struttura, la flessione, la composizione e la derivazione delle parole" (fonte: Sabatini-Coletti). Una coniugazione verbale sbagliata o una errata declinazione di un sostantivo rappresentano dei casi frequenti di errori morfologici (mi parse/mi parve, gli uovi/le uova).

Anche il LESSICO - "dizionario, vocabolario, specialmente di una lingua antica o di scienze particolari" (fonte: Dizionario Italiano) - rientra tra i possibili errori inerenti alla grammatica di una frase. Questa salita è proprio rapida ripida!



ORTOGRAFIA


"Corretta rappresentazione scritta di suoni e parole di una lingua; studio e trattazione di tale rappresentazione" (fonte: Sabatini-Coletti). Nella frase Mi hai ferito al quoreQuore è un errore di ortografia e attiene alla correttezza con cui sono scritte le parole, e quindi alla corretta traduzione dei suoni in segni grafici.

domenica 20 maggio 2012

Ha Piovuto o È Piovuto?! ENTRAMBI

Spesso di fronte a molti verbi che indicano condizioni atmosferiche (piovere, nevicare, grandinare, etc) non sappiamo quale verbo ausiliare utilizzare. Ebbene: possiamo usarli entrambi, quando il verbo è intransitivo impersonale, ovvero quando è inteso come il "venir giù della pioggia/neve/grandine dal cielo".
Stamattina ha piovuto senza interruzione per 3 ore 
Stamattina è piovuto senza interruzione per 3 ore

In senso figurato invece, deve essere sempre utilizzato l'ausiliare essere
Le sono piovute addosso milioni di baci per il suo diciottesimo compleanno 
Le hanno piovuto addosso milioni di baci per il suo diciottesimo compleanno

Ma perché l'ausiliare avere? Da qualche reminiscenza liceale ricordo che una mia insegnante di lettere ci disse che il verbo avere era un retaggio delle lingue classiche, in quanto per gli antichi Greci e Latini gli effetti atmosferici erano provocati attivamente dalle divinità.
"Zeus ha piovuto per ore" ?
Nell'attesa di trovare una fonte ufficiale che confermi questa ipotesi, alla quale personalmente credo, riporto virgolettato l'articolo dell'Accademia della Crusca che spiega la possibilità di usare entrambi gli ausiliari.
Il verbo piovere è indicato nella maggior parte dei dizionari come difettivo e, nell'uso intransitivo impersonale, cioè quando ha il significato di 'cadere della pioggia dal cielo', può formare i tempi composti sia con l'ausiliare essere che con avere (es. "ieri è piovuto tutto il giorno" o "ieri ha piovuto tutto il giorno). In tutti gli altri casi, quando cioè il verbo non abbia valore impersonale e quando venga usato nei suoi significati figurati e traslati, forma i tempi composti soltanto con l'ausiliare essere (es. "sono piovuti auguri, critiche...", "mi sono piovute addosso un sacco di noie", "Mario è piovuto a casa mia alle tre di notte"). Sono documentati in alcuni scrittori anche rari casi di uso transitivo, quindi con ausiliare avere, del verbo piovere nel significato di 'far cadere dal cielo pioggia e sim.': "Padre e Signor, s'al popol tuo piovesti / già le dolci rugiade entro al deserto" (Tasso).
Alla prossima!

Luca

sabato 19 maggio 2012

ADOTTA ANCHE TU UNA PAROLA

C’è da stupirsi se gli studenti di oggi non conoscono la differenza tra esterrefatto e stupito? Se credono che tergiversare significhi “detergere in profondità”? O che esecrabile abbia a che fare con le ghiandole endocrine? Per sensibilizzare a un uso corretto e consapevole delle parole, favorire una conoscenza più ampia del lessico, monitorare l’uso di alcuni termini, e promuovere la varietà espressiva nel mondo della comunicazione globale, la Società Dante Alighieri, in accordo con quattro dei più importanti dizionari dell’uso dell’italiano contemporaneo - Devoto Oli, Garzanti, Sabatini Coletti e Zingarelli -, lancia sul proprio sito www.ladante.it una campagna per l’italiano sostenuta da Io donna, supplemento del Corriere della sera: ogni partecipante, dopo essersi registrato sul sito, potrà candidarsi come custode di una parola a sua scelta.

ESSERE o AVERE: questo è il dilemma in Romagna!

Contributi dai lettori
Esiste uno specifico tipo di frase nella quale noi scambiamo sempre il verbo avere con il verbo essere. Se io devo dire ad esempio "Mi sono rimasti 5 euro nel portafoglio" dirò: HO RIMASTO 5 euro nel portafoglio

Anche a me suona stranissimo, ma è molto divertente sentire come l'Italiano viene declinato in maniera diversa in ogni parte d'Italia. Questo ci fa capire che è una lingua più che viva :)

Grazie a Nicole per il suo contributo inviato per email!

martedì 28 giugno 2011

MANGIO UNA FRUTTA o UN FRUTTO?

"Frutta" è un sostantivo femminile invariabile e indica "i frutti da tavola presi nel loro insieme" (Fonte: Dizionario Italiano). Questo sostantivo è un nome collettivo - e non numerabile - per indicare una totalità, un insieme e pertanto risulta fortemente scorretto usarlo in situazioni tipo:
STO MANGIANGO UNA FRUTTA


Sarebbe corretto dire:
STO MANGIANDO DELLA FRUTTA, in quanto si utilizza l'articolo partitivo a indicare che se ne mangia giusto un poco!
STO MANGIANDO UN FRUTTO, che è il sostantivo numerabile e permette di specificare quindi la quantità di frutti che si stanno mangiando (uno, due, tre).


Grazie a Leila dal Brasile per il suggerimento! 

venerdì 14 gennaio 2011

Mi sono PREFISSO un OBIETTIVO!


Su consiglio di Mrs. Robinson ecco una cosa che in veramente pochi sanno (compreso il sottoscritto).

Molto spesso capita di PREFISSARSI UN OBIETTIVO (o OBBIETTIVO, si può scrivere in entrambi i modi)...tuttavia in pochi sanno che NON SI DICE AFFATTO "Mi sono prefissato un obiettivo": è sbagliatissimo in quanto PREFISSATO è il participio passato di prefissARE (e non -ARSI), e quindi nel significato di "fissare prima". Il participio passato del verbo dell'espressione in questione invece è PREFISSO.
Quindi da ora possiamo iniziare a dire:

Mi sono PREFISSO l'obiettivo di non confondere più il verbo PREFISSARSI con il verbo PREFIGGERSI!

Grazie ancora a Mrs. Robinson per la segnalazione ;) ;) ;)

venerdì 10 settembre 2010

Guardare la TV o il TV?

In lingua italiana esistono due termini che molti confondono tra di loro:

  • televisione:
    1. Sistema di telecomunicazione destinato alla trasmissione a distanza di immagini non permanenti, fisse o in movimento [...] (Zingarelli, N. [2001], Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 1859);
    2. (fam.) Ente che diffonde programmi televisivi (ibidem).
  • televisore: apparecchio ricevente di trasmissioni televisive (ibidem).
Per tale motivo, sarebbe più corretto utilizzare espressioni quali:
  • Si è rotto il televisore (e NON televisione);
  • Potresti accendere il televisore ( e NON televisione);
  • Sto guardando la televisione (e NON televisore, se non vogliamo intendere che stiamo fissando la scatola nera posta in soggiorno).
Nell'uso familiare tuttavia persino televisione ha assunto il significato di televisore, sebbene ai cultori della lingua italiana ciò possa sembrare privo di logica:
               3.   Televisore (Zingarelli, N. [2001], Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 1859);

giovedì 9 settembre 2010

SETTENTRIONALISSIMO: Come sta LA Chiara?

Espressione tipica del modo di parlare dell'Italia del nord è quella di porre l'articolo determinativo (IL LO LA) davanti a nomi propri di persona per riferirsi ad individui conosciuti.
Ha telefonato la Chiara, ha detto di richiamarla!
Sebbene diffuso largamente dall'Emilia-Romagna in su, tale uso è scorretto in quanto i nomi propri di persona non richiedono l'articolo. [Fonte: da citare]

MERIDIONALISSIMO: Esci il formaggio dal frigo?

Uno degli errori più comuni che incontrano soprattutto (o solamente) gli Italiani del sud allorché "emigrano" nel nord Italia è usare in maniera TRANSITIVA alcuni verbi di movimento che, per definizione, non richiedono un complemento oggetto.
Tra i principali menziono:

  1. uscire;
  2. entrare;
  3. salire;
  4. scendere.
Frasi del tipo:
  • Esci il formaggio dal frigo,
  • Entra la bicicletta in garage,
  • Sali le buste della spesa,
  • Scendi le chiavi della macchina
sono COMPLETAMENTE ERRATE e derivano da un uso dialettale di tali verbi che viene trasposto in qualcosa che lontanamente si avvicina alla lingua italiana. Sebbene ai lettori settentrionali tale post può sembrare assurdo, purtroppo è un errore molto comune e anche difficilmente evitabile, forse perché troppo radicato a livello culturale. Le forme corrette dei verbi summenzionati sono, tra gli altri:
  1. tirar fuori;
  2. riporre, mettere;
  3. portare su;
  4. portare giù.

Passiamo LO aspirapolvere?

Sebbene siano in pochi a saperlo: ASPIRAPOLVERE è un sostantivo maschile invariabile, ciò significa che quando abitualmente diciamo:
Sto passando L'aspirapolvere, di fatto si elide una O dell'articolo e NON una A, come molti possono invece pensare.
Il fatto che inoltre sia invariabile implica il fatto che la forma plurale è la medesima del singolare. Quindi è corretto dire:
Quella vetrina ha dei bellissimi aspirapolvere
L'eventuale forma "aspirapolveri" infatti è scorretta, anche se purtroppo dilaga soprattutto su internet.

Del resto tale regola accomuna altri sostantivi italiani composti da due parole, ma se ne riparlerà in un altro post

Bagnato Fradicio

Ecco, su consiglio di Claudia (detta Cottik), diverse espressioni per indicare "bagnato fradicio" in alcuni dialetti della nostra penisola:

  • slozzo, in provincia di Sondrio
  • mizzo, in Trentino
  • brombo, in Veneto (zona Venezia)
  • bombo, in Veneto (Vicentino)
  • zzappanatu, in Sicilia (Messina)
  • fracico, in romano (grazie a Utente Anonimo :P)
  • mezzo, in Toscana (grazie a Don Erik)
  • arruciato, in palermitano (grazie a Utente Anonimo 2 :P)
  • nà cula, in dialetto di Borgia (CZ - Catanzaro)

Vi presento un amico: il FUTURO ANTERIORE

Il FUTURO ANTERIORE è un tempo verbale del modo INDICATIVO. Esso - purtroppo - sta cadendo in disuso, credo perché sono veramente in pochi a conoscerne l'effettivo utilizzo.
Esso si forma con il futuro semplice del verbo ausiliare (essere o avere) più il participio passato del verbo che esprime l'azione.
Il FUTURO ANTERIORE è utilizzato per due principali motivi (Venturi, C. [1998], Proposte di Grammatica Italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 199]:

  • indica un'azione futura che si svolgere precedentemente ad un'altra azione, sempre nel nel futuro:

    Giocherai a calcio dopo che avrai finito tutti i compiti.
  • esprime dubbio o ipotesi, ma riferito al passato

    Sarà stato Marco a rompere quel quadro?
    Sarà stato il fulmine a far andar via la luce! 

Gigomma, Cicca, Cingomma o Gomma americana?

Potreste rimanere sconcertati dal conoscere tutti i modi attraverso cui in tutta Italia si esprime il concetto di gomma da masticare.
"Gomma americana", "chewing-gum" o semplicemente "gomma" è la gomma da masticare, in tavolette o palline.
In Italia tuttavia si sono sviluppate diverse parole per esprimere tale concetto, molti di natura dialettale. Riassumo i principali, sperando di aggiornare la lista man mano:

  • cicca, diffuso principalmente nel Nord Italia, di derivazione americana e azteca (cfr. Zingarelli); di fatto è più corretto esprimere con tale lemma ciò che rimane di un sigaro o una sigaretta, alias mozzicone;
  • cingomma, diffuso nel foggiano e nel viareggino;
  • gigomma, diffuso in Basilicata;
  • gingomma, in uso nel calabrese;
  • masticante, sembra di derivazione participiale (dal verbo masticare), sebbene sarebbe più corretto utilizzare un sostantivo derivato dal "gerundivo" (masticanda = da masticare), tale termine è diffuso in Sicilia, unicamente nel territorio messinese;
  • ciùngam, diffuso nel palermitano;
  • cicles, nel torinese, nel biellese e pressoché in tutto il Piemonte.

Magistrati ignoranti di Lingua Italiana

Un po' vecchiotto come articolo, ma rende l'idea di ciò che mi ha spinto a creare questo blog!

08/gennaio/2008
L’Italia sarà anche paese di santi, poeti e marinai, ma non è di certo il paese dei magistrati e men che meno di grandi scrittori. L’ultimo concorso per magistrati del nostro paese ne è un fulgido esempio: errori di grammatica, strafalcioni di ortografia, l’ignoranza e l’impreparazione contenuta nei 4 mila compiti consegnati lo scorso novembre hanno impedito agli esaminatori di assegnare tutte le toghe disponibili. Su 380 posti ne sono stati coperti solo 322.
Se già il fato che il 90% dei candidati  sia stato respinto è sconfortante, il dato più tragico è relativo alla tipologia di errori riscontrati nei compiti. Ciò che ha choccato gli esaminatori non è tanto l’ignoranza dimostrata dai candidati sulla materia trattata, quanto l’incapacità di scrivere in un linguaggio corretto. “La conoscenza dell’italiano  è una precondizione per partecipare al concorso, ma alcuni candidati non ce l’avevano” : sono le parole di Matteo Frasca, giudice di corte d’appello a Palermo. Ed aggiunge “Se il mio maestro delle elementari avesse visto in un mio compito verbi coniugati come in certe prove che ci sono state consegnate, mi avrebbe dato una bacchettata sulle dita".E se pensiamo che gli aspiranti magistrati che hanno preso parte al concorso erano tutti laureati ed in molti casi già avvocati, giudici onorari, funzionari della pubblica amministrazione, o studiosi con tanto di dottorato ci rendiamo conto della gravità dell’accaduto.
Fino a ieri sembrava che le leggi sulla privacy impedissero la pubblicazione degli errori. Ma qualche strafalcione è già trapelato: moltissimi gli “essere” e “avere” scritti senza accento, tanti gli “un” dotati di apostrofo anche per i nomi maschili, per non parlare del candidato che ha scritto riscuotere con la “q”,di quello che ha scritto “Corte dell'Aiax”, invece di “Corte dell’Aja, o di chi si è lasciato andare ad espressioni non propriamente giuridiche come “Finché la barca va” o “Per fare un albero ci vuole un fiore”.
Si attende con ansia il “bestiario” che raccolga gli errori più strani e ci faccia ridere, per non piangere, sull’ignoranza dei laureati in Giurisprudenza prodotti dall’Università Italiana.

Articolo accessibile a questo link


mercoledì 8 settembre 2010

Fare una BIBLIOGRAFIA - INTRO

La bibliografia per le tesi di laurea o per qualsiasi documento di tipo scientifico è probabilmente la parte cui si presta meno cura durante la redazione, dedicandovi poco tempo e ordinando le" informazioni "alla meno peggio. Niente di più sbagliato! Curare la bibliografia è importante almeno per tre ordini di motivi (D'Urso e Vaglio[2010], Come si fa una citazione bibliografica. Biblioteca Università Commerciale Luigi Bocconi, 19 maggio. Presentazione PowerPoint):

  1. Rispettare le norme legislative inerenti il diritto d'autore;
  2. Permettere ai lettori dei nostri lavori di recuperare le fonti informative originarie da cui abbiamo tratto le informazioni;
  3. Per adeguare le nostre ricerche agli standard accademici
In una bibliografia è opportuno inserire tutte le informazioni necessarie al reperimento dell'opera cui si fa di riferimento, e ovviamente tali informazioni variano a seconda della fonte informativa, sia essa un libro, una ricerca accademica, un articolo di giornale, un articolo di blog o persino una presentazione PowerPoint.

Un presupposto fondamentale di tutta la bibliografia consiste nell'essere coerenti durante tutto il testo: ciò significa utilizzare lo stesso metodo, fornire le stesse informazioni sui testi consultati (ove disponibile) ed essere uniformi anche semplicemente a livello dattilografico.
I sistemi più diffusi per realizzare una buona bibliografia sono due:
  • Sistema Classico
  • Sistema Autore-Data
[...fine prima parte...]

SCATOLA o SCATOLO: questo è il dilemma

La scatola (sostantivo femminile, accento sulla prima A) indica un contenitore con coperchio, di ridotte dimensioni, realizzato in diversi materiali (libera parafrasi da Zingarelli, N. [2001], Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 1625).
Riguardo alla versione maschile di tale sostantivo di fatto NON ESISTE propriamente nella lingua italiana.
Esistono i seguenti:

  • scatòlo (sostantivo maschile, accento sulla O), che è "una molecola organica costituita da un nucleo aromatico e da uno eterociclico azotato, responsabile dell'odore sgradevole delle feci" (Zingarelli, N. [2001], Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 1625-1626).
  • scatolame (sostantivo maschile, accento sulla seconda A);
  • scatolificio (sostantivo maschile, accento sulla seconda I).
  • la parola scatolo - come forma maschile di scatola -  è una forma dialettale propria del Sud Italia (Treccani)

Un PO - PO' di confusione

Iniziamo con qualcosa di "basico": la parola NON ESISTE. Sebbene sia a dir poco vergognosa la mole di siti internet in cui la si ritrova, essa non fa parte del vocabolario della lingua italiana, se non per trascrizioni dialettali (tra gli altri il lombardo, con le opportune remore data la fonte).
Nella nostra lingua invece, esistono i seguenti vocaboli:

  • Po = scritto rigorosamente in lettera maiuscola perché nome proprio è un fiume dell'Italia Settentrionale con origine dal Monviso; si getta nel Mar Adriatico!
  • po' = da scriversi rigorosamente con l'apostrofo, a indicare il troncamento dell'ultima sillaba (Zingarelli, N. [2001], Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Milano. Pag. 619).

BENVENUTI

Ciao a tutti!
Sono uno studente di Marketing prossimo al conseguimento della laurea specialistica. Cinque anni fa ho conseguito la maturità classica e da sempre ho nutrito un forte interesse per la lingua italiana.
Questo blog nasce con lo scopo di fornire utili informazioni su alcuni tra i più comuni errori della nostra lingua. Quotidianamente infatti se "n'è vedono di tutti i colori" :) e credo che saper usare correttamente la grammatica e l'ortografia sia un presupposto necessario - se non fondamentale - per poter interfacciarsi con altre persone, in qualsiasi tipo di contesto, da lavorativo-professionale a privato-amicale.
Premetto che non ho alcuna esperienza di tipo tecnico sancita da certificazioni, diplomi o lauree (studio economia, per l'appunto), ma cercherò di riportare fonti più che attendibili ad ogni mia osservazione o commento.
E spero che i miei contributi vi possano essere utili in qualche modo. Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi tramite la mia email.

Luca
Google+